Negli ultimi anni le tecniche di innesto osseo dentale hanno compiuto passi da gigante, migliorando l’efficacia e la durabilità nel tempo. Secondo dati ISTAT, il tasso di successo primario a 5 anni si attesta oggi oltre il 95%, contro l’80-85% di 10 anni fa.
Ciò è dovuto a fattori come:
- Biomateriali sempre più evoluti, in grado di indirizzare al meglio la rigenerazione ossea anche in presenza di urti funzionali.
- Tecniche mininvasive di prelevamento e innesto, che riducono il trauma tissutale.
- Maggior controllo su fattori di rischio sistemici grazie a iter medici personalizzati.
- Follow up standardizzati, che permettono di monitorare l’osteointegrazione nel tempo.
Uno studio del 2017 della Società Italiana di Implantologia ha inoltre valutato innesti ossei dopo 5-10 anni, dimostrando un tasso di sopravvivenza medio del 98,5%, a riprova della resistenza nel lungo periodo anche a sollecitazioni masticatorie. Quindi, l’evoluzione tecnologica ha reso l’innesto pre-impiantare un gold standard efficace, prevedibile e durevole nel tempo per risolvere i più svariati difetti ossei.
Innesto osseo dentale: quando è necessario
L’innesto osseo dentale rappresenta uno strumento indispensabile per ripristinare l’alveolo osseo compromesso e garantire l’inserimento ottimale di impianti dentali, riducendo nel paziente il mal di denti.
Si rende necessario tipicamente in presenza di:
- Difetti ossei di origine post-estrazione: l’estrazione del dente determina il rimodellamento fisiologico dell’osso, che col tempo compromette il volume necessario all’impianto. L’innesto ne guida la rigenerazione.
- Atrofia mascellare orizzontale e verticale: condizione sempre più frequente a causa dell’aging della popolazione. È necessario aumentare con biomateriali adeguati il volume osseo prima dell’impianto.
- Impianti dentali in sede di scarsa qualità e quantità ossea: l’innesto è eseguito in concomitanza all’inserimento per meglio supportare l’osteointegrazione dell’impianto nel tempo.
La tecnica garantisce il ripristino anatomico-funzionale dell’osso alveolare, migliorando il successo protesico e la salute orale a lungo termine dei pazienti. Rappresenta pertanto un gold standard nella chirurgia pre-implantare.
Impianto dentale con innesto osseo: le diverse tecniche chirurgiche
L’innesto osseo dentale risulta fondamentale per ripristinare l’alveolo prima dell’inserimento di impianti. Esistono differenti approcci chirurgici:
- Innesto autologo: prelievo di osso dal trigono mandibolare o sedi abortite. Rimane il gold standard per qualità del tessuto.
- Innesto da banca ossea: utilizza osso da donatore umano. Le tecniche avanzate diminuiscono i rischi infettivi di un tempo.
- Rigenerazione guidata: presenza di membrane riassorbibili o non riassorbibili per isolare il difetto e promuovere la crescita ossea spingendo le cellule sullo stesso.
- Distrazione osteogenetica: tecnica che prevede osteotomie del tessuto osseo esistente, create appositamente allo scopo di separare i margini dell’osso reciso. Successivamente attraverso minime sollecitazioni meccaniche controllate si induce la formazione di nuovo tessuto osseo nello spazio creatosi, mediante l'”espansione” dei margini ossei.
Ogni approccio presenta pro e contro. La scelta verte sull’entità del difetto osseo, sulle caratteristiche generali e sulla compliance del paziente, nonché sulle indicazioni fornite dalle più recenti linee guida elaborate dalla comunità scientifica sulla base della letteratura clinica.
L’integrazione razionale di queste diverse modalità chirurgiche, che può prevedere l’utilizzo combinato di più tecniche, consente oggi di ottenere risultati stabili e prevedibili non solo per impianti immediati, ma anche per quelli mediati da innesto osseo in sede post-estrazione o di atrofia ossea. L’approccio multimodalità permette inoltre di adattare al meglio la tecnica all’entità e alla natura del difetto osseo, massimizzando il successo primario dell’innesto e dell’impianto.
Innesto osseo dentale come funziona: le diverse fasi dell’operazione
L’innesto osseo prevede diverse fasi che, se correttamente eseguite, permettono di ridurre nel paziente la paura del dentista e avere risultati ottimali.
- Preparazione del letto osseo: mediante osteotomie con fresa si modella il sito ricettivo eliminando le inadeguatezze ossee.
- Prelevamento e modellazione del tessuto osseo: da donatore autologo o banca ossea, l’impianto è sagomato in modo ottimale per riempire il difetto.
- Posizionamento e fissaggio dell’impianto: tramite emostasi chirurgica e membrane riassorbibili o non riassorbibili per rivestire il sito e guidare la neo-osteogenesi.
- Guarigione e integrazione dell’innesto: 8-12 settimane, monitorate da RX perioperative per valutare la rigenerazione ossea.
- Controlli radiografici post-operatori: a 3-6-12 mesi per verificare la corretta neovascolarizzazione e consolidamento dell’osso rigenerato.
Un approccio poli-specialistico, che prevede la collaborazione sinergica tra odontoiatra, chirurgo maxillo-facciale e parodontologo, e un regolare follow-up con controlli radiografici e clinici sia nell’immediatezza post-operatoria che a 3-6-12 mesi, consentono un’ottimale gestione di tutte le fasi dell’innesto osseo, dall’intervento chirurgico vero e proprio al monitoraggio nel tempo della rigenerazione ossea. Questo approccio multidisciplinare e i controlli periodici permettono sia un’ottimale cicatrizzazione post-operatoria, sia una maggiore prevedibilità dei risultati nel lungo periodo.